Pensieri

la mia vita e (è) la commedia

A tempo perso rifletto. Ripercorro la vita, mia e di pochi altri.

Ho amato così tanto la Commedia di Dante che oggi, mi ci sento dentro!

 Nel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita.

  Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura!

  Tant’è amara che poco è più morte;

ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,

dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.

Domenica scorsa ho spento una candelina – raccoglieva in sè quaranta luci. Mi son fatta la torta –non la crostata che faccio sempre– mi son comprata una bottiglia di Primitivo e mi sono fatta gli auguri. Ho invitato a pranzo la mia famiglia, anche loro mi han fatto gli auguri e pure un regalo, anche Samuel al mattino mi ha tirato le orecchie! Insomma, nonostante non abbia mai amato farlo, mi sono festeggiata! Ero contenta, nei giorni precedenti, di chiudere un’epoca festeggiando. Poi, puntuale, l’amarognolo arriva al palato: Emeriti stronzi, vestiti di boria e saccenza che – invece che festeggiare la festeggiata- si ostinano a festeggiare sè stessi!

Dev essere il karma, dico io: mi predispongo al dolce ma con esso arriva anche la nota agra (cazzo!).  E allora penso a Lei, la mia condottiera, e a come sia stata brava nel concentrare sè stessa e le sue energie positive per diciotto lunghi anni.

Mia mamma ha accettato di vivere con il cancro. Lo ha accolto come si fa con un ospite –seppur indesiderato.

Aveva quaranta anni.

Portava in grembo mia sorella quando quello ha iniziato, infido, ad allestire il suo cantuccio.

Concordò con il ginecologo un cesareo, perché il parto naturale -di quindici anni prima- non lo aveva ancora archiviato.

Dando alla luce la bambina, in anestesia totale e con incisione verticale, carapace e chele si resero visibili.

Ero lì quella mattina, felice d’aver saltato la lezione di scienze e ignara del girone infernale nel quale stavamo entrando.

Ricordo papà che mi annuncia la nascita e ri-vedo il suo sguardo che -solo dopo comprendo- presagisce la morte.

Vengo accompagnata alla nursery e mi spiegano che lei, mia sorella, aveva bisogno –ancora- di calore. Mi affaccio al vetro e vedo un pulcino chiuso in una scatola trasparente, non ha come gli altri bimbi un lettino, a lei hanno riservato una vetrina nella vetrata.

Mi domando di mamma, ma non esterno la mia richiesta. Sono sempre stata di poche parole. E quando intuisco che le domande affannano a trovar risposte, taccio.

I vuoti son tali da ricordarmi solo che -a un certo punto- eravamo più o meno felici ma tutti e quattro a casa.

Sembrava di essere all’inferno. Eppure più in là, ci attendeva il paradiso!

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